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Riflessioni sul PD

12.07.2014 16:19

E’ passato un mese dalla catastrofe elettorale alle amministrative, ma il PD livornese non mostra segni di una discussione adeguata all’entità della botta ricevuta. E’ stata fatta un’assemblea di iscritti, affollata ma senza capo né coda, ovvero senza introduzione e senza conclusioni, né decisioni, ovvero uno sfogatoio di stati d’animo e impressioni a caldo. Forse necessaria, ma certo non sufficiente. E poi tante microdiscussioni, nei circoli, tra i segretari dei circoli, nelle mailing list del comunale. Tutto a porte chiuse. Assurdo.

 Sono gli elettori del PD che ci hanno mandato il duro messaggio della sconfitta elettorale, ma noi chiudiamo le porte agli elettori, non vogliamo discutere con coloro che hanno scelto di non votarci più e vorremmo recuperare il loro voto? Ma per favore !  Siamo ancora a prendercela con i danni prodotti dai media, come se fossimo un secolo in ritardo. Il PD vuole essere il partito che governa la città? Come può ragionevolemnete pensare che i temi, i metodi, le discussioni politiche conseguenti alla legittima pretesa di svolgere questo ruolo siano discussi in privato e non in pubblico, in percorsi tutti interni, quando non carbonari, di gruppi e gruppetti tutti settari e autoreferenziali?

Veniamo poi ai contenuti della discussione di cui ci sarebbe bisogno, alle domande giuste da fare, semplici e inevitabili, se il PD livornese vuole uscire dal pantano, che non vengono poste: perché è successo? Perché un partito che prende oltre il 53% alle europee, lo stesso giorno e negli stessi seggi prende uno striminzito 35% alle amministrative? Da dove ripartire? La discussione ruota invece intorno ad altre domande: commisariamento, si o no? Dimissioni, si o no? Congresso si o no? Tutte domande inutili e capziose, che interessano solo a chi deve conservare qualche ruolo o parvenza di esso o è prigioniero di logiche di corrente. Il commissariamento, infatti, non è formalmente possibile, perché non ricorre una casistica tra quelle previste dallo Statuto, quindi di che cosa stiamo parlando? Le dimissioni, si dice, non devono essere una resa dei conti, e via con tutta la cortina fumogena del “c’è disogno di tutti”, ecc. Di che cosa stiamo parlando ? In tutti i partiti democratici e di sinistra in Europa e nel mondo, il gruppo dirigente che perde, lascia il campo immediatamente, e si fa da parte, anche se è un fior di gruppo dirigente e ha perso a testa alta (non è peraltro il nostro caso), unicamente e proprio per favorire una discussione aperta e serena. Chi non lo capisce, drammatizza,  pignoleggia su norme e passaggi, può farlo solo per ingenuità o per ipocrisia. Anche su cosa significa “gruppo dirigente”, non ci dovrebbe essere bisogno di tanti discorsi. Il tracollo c’è stato alle amministrative? Dunque è facile arguire che l’insoddisfazione degli elettori riguarda l’incapacità dimostrata a livello amministrativo; “il gruppo dirigennte” responsabile di questa incapacità è costituito dal nucleo di amministratori locali del PD, che hanno avuto in mano il governo della città e dagli organismi di partito che avrebbero dovuto o saputo incalzarli e non l’hanno fatto o non ci sono riusciti, sembra ovvio.

Ci si sveglia ora ad evidenziare che gli organismi non sono stati formalmente convocati. Giusto. Gli organismi. Ma quali? quelli che hanno assistito, sulla stampa, da dicembre a marzo, all’incredibile balletto delle candidature di Concita De Gregorio-Emanuele Rossi- Giuseppe Angella-Gianfranco Simoncini-Paolo Dario-Marco Ruggeri, senza essere mai convocati, se non a cose fatte e senza fiatare? Parliamo di quell’organismo lì, che è stato trattato alla stregua di un tappeto e che non ha mai mostrato l’orgoglio di un vero organismo? Un organismo dirigente non può rivendicare il suo ruolo, per quanto legittimo, a seconda dei casi o a comodo. O sempre o mai. E quindi, risparmiateci il computo dei percorsi corretti, ora, perché, in passato, la correttezza dei percorsi ve la siete dimenticata troppe volte.

Ora, nella confusione generale, si moltiplicheranno sedi di discussione parziali: correnti, che valuteranno che cosa conviene fare, circoli che sono pressati da gruppi di iscritti: via libera alla seduta di autocoscienza, guidate dalle buone intenzioni (quelle di cui sono lastricate le vie dell’inferno): ascoltiamoci, abbiamo bisogno di occasioni per condividere il nostro stato d’animo, eccetera. Il punto è che questa discussine non ha una traccia, una linea guida e, quindi, inevitabilemente, non concluderà niente. Perché la discussione sia utile, occorrerebbe che il partito pretendesse un documento, una base di discussione. Potrebbe essere proposto dalla segreteria comunale uscente, oppure dal gruppo consiliare, con o senza il visto del regionale. Ma una base. Altrimenti la discussione senza traccia servirà solo a certificare, a posteriori, che nel PD c’è una grande libertà di discussione, ma c’è tanta confusione e idee contrastanti e quindi congelare tutto, dare tempo alle correnti di riorganizzarsi per l’ennesima lotta intestina. Naturalmente dopo le elezioni regionali, ormai imminenti, così le candidature potranno essere gestite nel modo verticistico, spartitorio e autoreferenziale che contraddistingue il PD a Livorno ormai da anni. E per far digerire l’ennesimo marchingegno è disponiblie il solito vecchio armamemtario di argomenti “ora non è il momento”; “il partito deve stare unito”; “facciamo una bella festa dell’unità e poi vediamo”; “c’è bisogno di tutti”; “abbiamo ricevuto il messaggio e capito la lezione: cambieremo, ma non chiedeteci quando e come, per favore”. 

Per riconquistare la fiducia perduta ci vuole altro.

Claudio Frontera

 

Incontro con il candidato sindaco del CentroSinistra Marco Ruggeri

21.04.2014 23:01

In relazione alle prossime elezioni amministrative, il nostro gruppo ha inteso caratterizzarsi, fin dallo scorso gennaio, sul piano dei contenuti, elaborando proposte, interventi ecc, per contribuire al dibattito pubblico sul futuro della nostra città.

Abbiamo elaborato, a questo fine, un documento (“Idee per il Buongoverno” in allegato), creato e animato  il sito “La Traversata – Amici livornesi di Fabrizio Barca” https://cms.la-traversata-livorno.webnode.it/blog/ e abbiamo attivamente contribuito alle “Primarie delle idee” del Centro-sinistra https://primariedelleidee.livorno.it/ , contribuendo più di ogni altra formazione, con interventi e proposte.

Crediamo in una democrazia che non sia la “democrazia di un giorno ogni cinque anni”, ma l’impegno civico costante e disinteressato e, quindi, chiunque sarà il futuro sindaco, sarà per noi atteso alla prova ogni giorno e non nel 2019.

Abbiamo ritenuto opportuno avviare un confronto diretto con Marco Ruggeri, candidato del centro-sinistra, l’area alla quale il nostro gruppo fa riferimento dal punto di vista culturale e ideale.

L’incontro avrà luogo il giorno 23 aprile ’14, alle ore 21,  presso la sededegli  Amici dei Musei e Monumenti LivornesiScali Manzoni 49/a.

BENESSERE: riflessioni per una proposta di PAOLO NATALE

30.03.2014 21:07

“..l’austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi per il superamento di un sistema che è entrato in crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione di particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato. Austerità significa rigore, efficienza, serietà, e significa giustizia.”

E. Berlinguer, 1977

 

Negli ultimi anni il dibattito sulla valutazione del benessere degli individui e delle società è emerso prepotentemente. Le crisi degli ultimi anni (alimentare, energetica e ambientale, finanziaria, economica, sociale) hanno reso urgente l’analisi di quei fattori riferiti a beni materiali e immateriali capaci di guidare sia i decisori politici nel disegno delle politiche, sia i comportamenti individuali delle imprese e delle persone nella definizione, nella progettualità e nell’ampliamento del livello di benessere.

Per una breve e, ovviamente, non esaustiva rassegna di interventi correlati al tema, ricordo:

  • Il discorso di Robert Kennedy del 18/03/1968 sul P.I.L.

  • Nel 2009 l’allora presidente francese Sarkozy commissionò a tre grandi economisti, Stiglitz, Sen e Fituossi, la redazione di un rapporto sulla “misura della performance dell’economia e del progresso sociale”.

  • Nel 2010 fu pubblicato il Rapporto Stiglitz dove gli estensori trascrivono “una ricerca sul capitale sociale, la felicità, la salute e il benessere mentale”.

  • In Gran Bretagna, il primo ministro Cameron, inviò  nel 2011 un questionario ai cittadini inglesi, sulla loro felicità.

  • Recentemente, in Italia, a cura dell’ex ministro Enrico Giovannini, è stato pubblicato il primo Rapporto sul “Benessere Equo e Sostenibile” (Bes 2013) che riprendendo le idee del Rapporto Stiglitz ha misurato e introdotto idee e metodi per conoscere, valorizzare e proporre percorsi per individuare il livello di benessere nel nostro paese.

  • La letteratura sul tema in Italia fa riferimento essenzialmente a studiosi come Stefano Zamagni, Luigino Bruni e P.L. Porta che richiamano ad una più generale “Economia della felicità”.

  • Gli scritti del premio nobel per l’economia 2002 D. Kahneman grazie ai suoi studi sulla felicità oggettiva.

  • Ulteriori approfondimenti con gli scritti di S.Rodotà sui Beni Comuni

Per cui, fermo restando l’importanza del Prodotto Interno Lordo come misura dei risultati economici di una collettività, è indispensabile integrare tale misura con indicatori di diversa connotazione per valutare il livello di benessere di una comunità ripensando l’obiettivo della crescita del reddito pro- capite come unico asse centrale del progresso umano.

Quello che segue è un contributo per cercare di introdurre idee capaci di  riempire l’azione politica e amministrativa in uno sforzo per capire la realtà di una comunità e gli individui che la compongono, il loro benessere-felicità attraverso strumenti innovativi ma soprattutto con un loro coinvolgimento democratico nella definizione di obiettivi e valutazione dei risultati.

Di cosa parliamo quando ci riferiamo al benessere? Il suo concetto cambia e non può quindi essere definito univocamente, ma, ripeto, solo attraverso un processo di legittimazione democratica che rappresenta l’elemento essenziale nella selezione degli aspetti qualificanti Il benessere individuale e sociale.

Come si fa a valutarlo senza l’esclusiva arbitrarietà di esperti? Innanzitutto definendo una serie di fattori, che dobbiamo tenere separati, ma che rappresentano i singoli campi della vita sociale.

Gli elementi fondanti presi in esame sono:

·        Salute

·        Istruzione e Formazione

·        Lavoro e conciliazione con i tempi di vita

·        Benessere economico e Benessere soggettivo

·        Relazioni Sociali

·        Sicurezza

·        Paesaggio e Ambiente; Patrimonio Culturale.

·        Ricerca e Innovazione

·        Qualità dei servizi

·        Politica e Istituzioni

 

Non esistendo un optimum di benessere complessivo prioritariamente quantificabile, si deve trovare una combinazione tra questi fattori per cui la misura del benessere-felicità diventa non un dato ma un obiettivo.

Ogni città dovrebbe scegliere democraticamente il suo quadrante di benessere, valido per un certo periodo, costituito da una combinazione di traguardi che sono anche il contenuto di senso in una discussione politica.

Proprio quest’ultima riflessione rappresenta il caposaldo per costruire e valutare il benessere di una comunità: affidare la scelta ottimale, tra le loro possibili combinazioni, ad un giudizio politico democratico attraverso forme di partecipazione da inventare e sperimentare.

Nella loro singola descrizione non sono entrato nel merito, volutamente, con proposte concrete perché in questa fase è necessario soltanto definire il quadro generale dell’idea

 

Salute

La salute rappresenta un elemento centrale nella vita e una condizione indispensabile del benessere individuale e della prosperità delle popolazioni. Essa ha conseguenze che incidono su tutte le dimensioni della vita dell’individuo nelle sue diverse fasi riuscendo a modificare in bene o in male i comportamenti, le relazioni sociali, le opportunità, le prospettive dei singoli e, spesso, delle loro famiglie. Via via che l’età cresce, il ruolo svolto dalla condizione di salute tende a divenire sempre più importante, fino a essere quasi esclusivo per il benessere dei molto anziani, quando il rischio di cattiva salute è maggiore e il suo impatto sulla qualità della vita delle persone può essere anche molto grave.

Comportamenti a rischio (fumo, alcol, obesità, sedentarietà, qualità dell’alimentazione) rappresentano indicatori soggettivi ma altrettanto importanti sono  i fattori sociali che influiscono sulle condizioni di salute. Quest’ultimi sono molteplici nella valutazione delle condizioni di salute: la dimensione fisica, quella mentale ed emotiva (che prende in considerazione la capacità dell’individuo di mantenere la piena coscienza di sé e delle relazioni che lo legano al suo ambiente familiare e sociale), la dimensione funzionale (finalizzata a valutare la capacità dell’individuo di condurre una vita autonoma).

Si giudica scadente quella salute  legata al benessere di una collettività quando si ha la presenza di frequente disagio psicologico, di un a profonda disabilità sociale e personale dovuta a problemi emotivi di relazione.

Istruzione e Formazione

L’istruzione, la formazione e il livello di competenze influenzano il benessere delle persone e aprono opportunità altrimenti precluse. L’istruzione non solo ha un valore intrinseco, ma condiziona il benessere delle persone in modo diretto. Le persone con livello di istruzione più alto hanno maggiori opportunità di trovare lavoro, anche se una importante variabilità per tipo di diploma o laurea. Generalmente coloro che sono più istruiti hanno un tenore di vita più alto, vivono di più e meglio perché hanno stili di vita più salutari e hanno maggiori opportunità di trovare lavoro in ambienti meno rischiosi. Inoltre, a livelli più elevati di istruzione e formazione corrispondono livelli più elevati di accesso e godimento consapevole dei beni e dei servizi culturali e, in generale, stili di vita più attivi. Per vivere di più e meglio.

Esiste un rapporto tra il livello culturale dei genitori e l’istruzione dei figli. I figli di genitori con al massimo la scuola dell’obbligo hanno un tasso di abbandono scolastico del 27,7%, che si riduce al 7,8% tra i figli di genitori con il diploma di scuola secondaria superiore e al 2,9% tra i figli di genitori con almeno la laurea. Analogamente, i figli con almeno un genitore occupato in professioni qualificate e tecniche abbandonano gli studi nel 3,9% dei casi rispetto al 31,2% dei figli di genitori occupati in professioni non qualificate. Gli stimoli ricevuti in famiglia e la condizione socio-economica di quest’ultima sono quindi determinanti per la riuscita del percorso scolastico, il che vuol dire che la scuola non riesce a svolgere una significativa funzione di riequilibrio sociale per i ragazzi provenienti da famiglie svantaggiate.

Importante è il fattore definito sulla “Partecipazione culturale” dove si considera quante volte, nell’arco di un anno, un adulto si reca al cinema, a teatro, musei e/o mostre, siti archeologici, monumenti, concerti di musica classica, opera, concerti di altra musica; hanno letto un quotidiano durante la settimana; quanti libri hanno letto.

 

Lavoro e conciliazione con i tempi di vita

L’importanza di una “buona occupazione”.

Un’attività adeguatamente remunerata, ragionevolmente sicura e corrispondente alle competenze acquisite nel percorso formativo costituisce un’aspirazione universale e contribuisce in modo decisivo al benessere delle persone.

Se la mancanza di una “buona occupazione” ha un impatto negativo sul livello di benessere, un impatto altrettanto negativo hanno impegni lavorativi che impediscano di conciliare tempi di lavoro e di vita familiare e sociale.

Un cattivo impiego delle risorse umane soprattutto nel campo del lavoro femminile e dei giovani sono ulteriormente peggiorati negli ultimi anni a causa della crisi economica.

Se la costante incidenza dei lavoratori a termine di lungo periodo indica la persistenza in una condizione d’instabilità occupazionale, la crisi ha molto ridotto le possibilità di stabilizzazione dei contratti temporanei, soprattutto per i giovani. Anche la presenza di lavoratori con bassa remunerazione e di occupati irregolari rimane sostanzialmente stabile negli ultimi anni, mentre cresce la percentuale di lavoratori sovra-istruiti rispetto alle attività svolte.

Diversi sono gli elementi che determinano la soddisfazione per uomini e donne: per i primi il guadagno è l’aspetto che raccoglie più giudizi positivi, mentre le seconde sono più soddisfatte degli aspetti relazionali, dell’orario e della distanza casa-lavoro. Infatti, per le donne la qualità dell’occupazione non può ignorare le difficoltà di conciliare tempi di lavoro e di vita. Ad alimentare l’insoddisfazione delle donne è anche la carenza di servizi.

Infine, per quanto riguarda i lavoratori stranieri, è decisamente rilevante e crescente, sotto tutti gli aspetti, lo svantaggio nella qualità dell’occupazione rispetto agli italiani.

Benessere economico e Benessere soggettivo

Basilare per la qualità della vita, ai fini del benessere complessivo, le capacità reddituali e le risorse economiche sono il mezzo indispensabile attraverso il quale un individuo riesce a sostenere un dignitoso standard di vita.

Fondamentale è anche come il reddito e la ricchezza sono ripartiti tra i cittadini. Nel nostro Paese la disuguaglianza del reddito è superiore a quella media europea. La ricchezza totale posseduta dal 10% più ricco della popolazione è aumentata nell’ultimo biennio.

Ammortizzatori sociali e solidarietà familiare tamponano la crisi, ma deprivazione e povertà sono in crescita. Le famiglie italiane sono tradizionalmente caratterizzate da un’elevata propensione al risparmio, un diffusa proprietà dell’abitazione, un contenuto ricorso all’indebitamento. In presenza di un sistema di welfare che ha sempre riguardato soprattutto la componente previdenziale, la famiglia, anche in senso allargato (ovvero non solo per chi vive sotto lo stesso tetto), ha funzionato da ammortizzatore sociale a difesa dei membri più deboli (minori, giovani e anziani), talora celando le difficoltà di accesso all’indipendenza economica di giovani di ambo i sessi e donne di ogni età, per queste ultime soprattutto in presenza di carichi familiari.

La crisi economica degli ultimi cinque anni sta mostrando i limiti di questo modello, accentuando le disuguaglianze tra classi sociali riducendo ulteriormente la già scarsa mobilità sociale.

 Con il perdurare della crisi, nel 2011 si segnala un deciso deterioramento della situazione, con l’impennata degli indicatori di deprivazione materiale, preceduta da un incremento del rischio di povertà e da un aumento della disuguaglianza del reddito.

Nell’approfondire l’analisi su questo punto è necessaria l’attenzione al livello di “vulnerabilità economica” dei membri adulti della famiglia e  a quello riferibile alla “deprivazione dei bambini”. Il primo mira a cogliere il grado di indipendenza di ciascun membro adulto di una famiglia e la sua vulnerabilità rispetto a eventi imprevisti, come una separazione o la perdita del lavoro. L’indicatore di “deprivazione dei bambini” ha l’obiettivo di dar conto di alcuni aspetti rilevanti di tale condizione, considerando i beni e i servizi che dovrebbero rispondere ai loro specifici bisogni.

Servizi culturali e in generale stili di vita più attivi. Per vivere di più e meglio. Sapere come le persone giudicano la propria vita, se sono soddisfatte di una dimensione fondamentale dell’esistenza come il tempo libero e che percezione hanno della loro situazione personale rispetto al futuro costituisce un complemento necessario alle misure “oggettive” di benessere. Le misure “soggettive” possono contribuire a spiegare comportamenti individuali e collettivi, nonché ad indicare aree di disagio di particolari porzioni della società. Un complemento fondamentale.

La soddisfazione diminuisce di più tra chi è in possesso di un titolo di studio basso rispetto a chi possiede un diploma o una laurea, indipendentemente dal sesso e dall’età.

Essere dentro o fuori il mondo del lavoro fa la differenza: tra disoccupati e casalinghe la soddisfazione scende più velocemente che tra gli occupati.

La rilevazione del benessere soggettivo, oltre che la componente cognitiva, riguarda anche la componente affettiva, cioè le emozioni che i soggetti sperimentano durante la loro vita quotidiana. Al contrario della componente cognitiva, che implica una riflessione a posteriori sulla propria vita fino ad un determinato momento, la componente affettiva è legata al presente, alla situazione attuale.

Relazioni sociali.

La famiglia e le amicizie sono una parte essenziale del benessere individuale. Fondamentale è la scoperta (o riscoperta) dei c.d. Beni Relazionali con le loro intrinseche caratteristiche.

Le reti relazionali sono una risorsa importante che consente di perseguire i propri fini potendo contare su risorse aggiuntive rispetto al capitale economico e culturale di cui il soggetto dispone.

Nel nostro Paese contribuiscono anche in misura significativa al benessere collettivo, perché le reti di solidarietà familiari, amicali e dell’associazionismo sono un tradizionale punto di forza che supplisce alle carenze delle strutture pubbliche. Le reti informali comprendono l’insieme delle relazioni interpersonali che gravitano e si intrecciano attorno alle persone. All’interno delle reti si mobilitano le risorse umane e materiali che assicurano sostegno e protezione sia nei momenti critici e di disagio, sia nello sviluppo della vita quotidiana.

Per tradizione nel nostro Paese risultano forti le solidarietà “corte” e i legami “stretti”, in particolare quelli familiari. La famiglia, nei momenti critici, ma anche nello svolgimento delle normali attività quotidiane, rappresenta una rete di sostegno fondamentale, un punto di riferimento importante che - con tutti i limiti e le difficoltà imposti dalle recenti trasformazioni sociali ed economiche – sembra ancora funzionare e soddisfare in misura rilevante gli italiani. Tuttavia, il carico del lavoro di cura che ne deriva – soprattutto per le donne - rischia di diventare eccessivo, anche a causa della carenza di alcuni servizi sociali.

Intorno alla famiglia si tesse una rete di relazioni con parenti non conviventi e amici, la quale svolge un ruolo fondamentale nella dotazione di aiuti sui quali individui e famiglie sono abituati a contare. L’associazionismo e il volontariato rappresentano una ricchezza laddove i bisogni sono più gravi.

Al di là di queste reti ci sono “gli altri”, la società più ampia, verso la quale emerge una profonda diffidenza da parte dei cittadini. Elevare il livello di fiducia verso gli altri,  fa sì che le persone si sentano sicure e tutelate anche al di fuori delle reti di relazioni familiari e amicali.

Viviamo in una società in cui la presenza di reti sociali, familiari e di volontariato non sono sufficienti a garantire un tessuto sociale forte a copertura dei bisogni primari della popolazione e specialmente delle fasce sociali più deboli. Un Paese con un problema di scarsa fiducia tra i cittadini può incontrare maggiori difficoltà a creare le condizioni per una vita economica e sociale pienamente soddisfacente.

E’ importante il coinvolgimento delle persone in attività di partecipazione sociale (incluso il volontariato). Si tratta soprattutto di partecipazione in associazioni di tipo ricreativo, sportivo, culturale e civico, di associazionismo politico.

Sicurezza

Una percezione soggettiva di serenità e un vissuto di sicurezza oggettiva nella propria vita quotidiana sono dimensioni cardine nella costruzione del benessere individuale e collettivo. Subire un crimine può comportare una perdita economica, un danno fisico e/o un danno psicologico dovuto al trauma.

L’impatto più importante della criminalità sul benessere delle persone è il senso di vulnerabilità che determina. La paura di essere vittima di atti criminali può influenzare molto le proprie libertà personali, la qualità della vita e lo sviluppo dei territori.

La percezione della sicurezza e l’esposizione al rischio di subire reati con il conseguente senso di insicurezza della popolazione, è un fenomeno socialmente rilevante. Basta pensare che quasi 15 milioni di persone non si sentono sicure ad uscire da sole la sera al buio. Se si pensa poi che quasi sei milioni non escono mai la sera, si può comprendere quanto sia rilevante il fenomeno

La paura della criminalità non è uniformemente distribuita nella popolazione, ma varia secondo il genere, l’età, il tipo di comune e la zona geografica. Tre quarti degli uomini si sentono sicuri ad uscire la sera da soli al buio contro meno della metà delle donne (45,2%). La situazione è diversa anche in relazione alle differenti età: i più insicuri sono gli anziani, indipendentemente dal sesso, mentre i giovani e gli adulti percepiscono un maggiore livello di sicurezza.

Paesaggio e Ambiente, Patrimonio Culturale.

Il diritto alla bellezza. Il binomio “paesaggio e patrimonio culturale” abbraccia nel suo insieme la straordinaria eredità materiale della storia italiana, dalla ricchezza delle opere d’arte a quella della città e del territorio. Come e forse più che in altri paesi, questo patrimonio – immenso e universalmente riconosciuto per la sua unicità – è un elemento fondativo dell’identità nazionale e contribuisce alla qualità della vita individuale e collettiva degli italiani. Si tratta di un bene pubblico, che tuttavia si stenta a riconoscere e custodire in quanto tale.

Questa difficoltà rispecchia una forma di depauperamento, che limita il diritto dei cittadini di oggi e delle generazioni future alla storia e alla bellezza, diritto sancito con grande lungimiranza dalla Costituzione che stabilisce tra i suoi “principi fondamentali” la missione della Repubblica di tutelare “il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Una grande ricchezza non adeguatamente tutelata. Il patrimonio culturale del nostro Paese, frutto congiunto di una straordinaria stratificazione di civiltà e della ricchezza e diversità dei suoi quadri ambientali, rappresenta un valore inestimabile per la collettività. La lunga e complessa continuità storica dell’insediamento umano su un territorio relativamente piccolo e fortemente eterogeneo del punto di vista climatico e geomorfologico ha prodotto, infatti, un’accumulazione di beni culturali e un mosaico di paesaggi umani unici al mondo per consistenza e rilevanza. Tuttavia, il patrimonio storico e artistico soffre, oltreché delle contenute risorse economiche destinate al settore, di un insufficiente rispetto delle norme e di una non puntuale azione di controllo da parte delle Amministrazioni: il paesaggio è minacciato da una continua e spesso incontrollata espansione edilizia, cui si aggiungono le conseguenze negative determinate dalle radicali trasformazioni dell’agricoltura, con l’abbandono di ampie porzioni del territorio rurale.

Il disagio che ne deriva è avvertito da una quota non marginale della popolazione italiana, in termini di insoddisfazione per il paesaggio nel luogo di vita e, più generale, di preoccupazione per il depauperamento delle risorse paesaggistiche: un segnale allarmante per quello che per secoli è stato identificato come “il giardino d’Europa”

Per migliorare il benessere attuale e futuro delle persone è essenziale ricercare la soddisfazione dei bisogni umani promuovendo attività che non compromettano le condizioni e gli equilibri degli ecosistemi naturali. Un ambiente vitale e in grado di rispondere positivamente ai cambiamenti costituisce un requisito essenziale per garantire un autentico benessere per tutte le componenti della società. Acqua, aria e cibo non contaminati sono possibili solo in un contesto ambientale “sano”, in cui la dimensione della naturalità possa integrarsi con le attività umane produttive e sociali.

La disponibilità e l’utilizzo da parte dell’uomo di beni e servizi naturali richiedono l’attribuzione di un ruolo centrale al patrimonio naturale. Inoltre, una valorizzazione delle risorse ambientali offre a tutti la possibilità di fruire dei beni tangibili e intangibili che la natura offre, contribuendo anche a diminuire le disuguaglianze presenti nella società.

Ricerca e Innovazione

Ricerca e innovazione costituiscono una determinante indiretta del benessere.

Sono alla base del progresso sociale ed economico e danno un contributo fondamentale allo sviluppo sostenibile e durevole. Gli indicatori di ricerca e innovazione fanno riferimento a distinte dimensioni della conoscenza: creazione, applicazione e diffusione.

Internet rappresenta un fattore d’innovazione fondamentale per le famiglie e gli individui. La capacità di usare Internet e le tecnologie della comunicazione determina una evidente discriminazione tra coloro che hanno accesso ai contenuti e alle possibilità offerte dalla Rete e coloro che sono costretti a limitarsi ai canali tradizionali.

Qualità dei Servizi

Per uno standard minimo di benessere l’accesso diffuso a servizi di qualità è un elemento fondamentale per una società che intenda garantire ai suoi cittadini uno standard minimo di benessere e pari opportunità su cui fondare percorsi di crescita individuali. L’inadeguata disponibilità di servizi colpisce particolarmente chi non ha risorse sufficienti per ricorrere ad alternative e aumenta il rischio di povertà e di esclusione.

La disponibilità di servizi pubblici di qualità rappresenta, quindi, uno degli strumenti fondamentali di redistribuzione e di superamento delle diseguaglianze. L’analisi dei servizi, pubblici e non, passa attraverso i diversi aspetti necessari a garantirne la qualità: la dotazione infrastrutturale, condizione spesso indispensabile all’erogazione, l’accessibilità da parte della popolazione e l’effettiva efficacia dei servizi.

I servizi sociali: l’assistenza sanitaria e socio assistenziale e la dotazione infrastrutturale dei servizi sociali può essere ben rappresentata dall’offerta di tipo residenziale per l’assistenza socio-assistenziale e socio-sanitaria.

Le public utilities: acqua, gas, energia, rifiuti. Questa macro-area di servizi al cittadino che può incidere significativamente sul benessere è quella relativa ai servizi di pubblica utilità: la distribuzione dell’acqua, del gas, dell’energia e la raccolta dei rifiuti.

La mobilità: gli spostamenti quotidiani. Il tempo trascorso negli spostamenti quotidiani ha spesso effetti negativi sul benessere e la qualità della vita, determinando una riduzione del tempo dedicato ad altre attività più utili o gratificanti, in primo luogo al tempo libero. Inoltre elevate durate degli spostamenti della popolazione hanno un impatto sostanzialmente negativo sia dal punto di vista economico (si tratta di periodi di tempo generalmente improduttivo) che dal punto di vista ambientale, in considerazione dell’estrema diffusione in Italia dell’utilizzo di mezzi di trasporto privati. Infine, spostarsi può risultare un’attività generalmente stressante.

Altrettanto importante per il benessere del cittadino è il livello di accessibilità ai Pronto Soccorso o i tempi di attesa per le prestazioni sanitarie.

 

 

Politica e Istituzioni

La fiducia espressa dai cittadini nei confronti delle istituzioni, nonché la partecipazione civica e politica, favoriscono la cooperazione e la coesione sociale e consentono una maggiore efficienza ed efficacia delle politiche pubbliche.

Queste dimensioni sono direttamente correlate alla posizione (status) degli individui, ai legami interpersonali, nonché alle reti sociali e alle norme di reciprocità e fiducia che si formano a partire da questi legami. Inoltre, il rapporto trasparente con le istituzioni pubbliche e private che operano in campo politico, economico e sociale, la loro efficienza e il livello di gradimento per il loro funzionamento rafforzano la fiducia istituzionale e interpersonale.

Al contrario, una diffusa discrezionalità nelle regole, la scarsa trasparenza e la corruzione agiscono negativamente sulla fiducia nella possibilità di realizzare una società equa di cui tutti possano sentirsi cittadini a pieno titolo.

Attraverso spazi di confronto e deliberazione con le istituzioni, le parti sociali, il mondo dell’associazionismo. La scelta dei fattori e la legittimazione democratica del percorso consentono di dotare una città di uno strumento tra i più avanzati per monitorare le condizioni economiche, sociali e ambientali in cui viviamo, informare i cittadini e indirizzare le decisioni politiche. La riflessione su quali siano le dimensioni del benessere e su come misurarle è, infatti, una riflessione su quali siano i fenomeni che è necessario prendere in considerazione per migliorare la città, su come definire obiettivi di breve e lungo periodo e su come valutare i risultati dell’azione pubblica.

Politica e istituzioni che incoraggino la partecipazione. Collegare la democrazia al Benessere-Felicità.

 

Arroganza

19.03.2014 15:05

                Oggi è di scena una tipica manifestazione dell’arroganza e della presunzione cui ci ha abituato una certa politica.

                Ieri, nei commenti che erano circolati, di fronte alla scarsa affluenza alle primarie del centrosinistra (4300 votanti a fronte di 13000 che sono andati a votare alle primarie di solo quattro mesi fa), c’era stato chi aveva manifestato preoccupazione per quella che è stata letta come una presa di distanza degli stessi elettori di centrosinistra da una consultazione finta e inutile.

                E allora oggi Ruggeri (il vincitore di queste primariette su scala ridotta), anziché rispettare e accettare quelle riflessioni, magari (oibò) con una piccola dose di umiltà, prendere atto del risultato e impegnarsi in prima persona a migliorare, smette il sorriso berlusconiano, imbraccia il mitra e spara a raffica. Se piove di quel che tuona, se sarà eletto, cioè, il sindaco Ruggeri sarà quindi intollerante quanto e più dei suoi predecessori, il che sembrava difficile anche da immaginare!

                Vediamo allora le risposte di Ruggeri al cosiddetto “tafazzismo” (parola derivata da uno stupido show della TV Mediaset di una quindicina di anni fa). Primo (dice) “bisogna avere rispetto per gli oltre 4000 livornesi che sono andati a votare”. Dire che sono pochi vuol dire mancare di rispetto? Anzi, onore al merito all’eroismo militante e alla generosità di chi sceglie di partecipare sempre e comunque, onore maggiore proprio quando in molti si defilano. E poi, se sono pochi (in proporzione agli abitanti, a fronte persino dei votanti a Rosignano, Cecina, Bibbona, Castagneto e Piombino) non è certo colpa loro, ma di chi ha impostato e gestito questa consultazione. Bisogna avere rispetto però anche, non dico per i potenziali elettori che non hanno risposto, ma almeno per i 9000 che avevano versato due euro e votato alle primarie dell’8 dicembre e invece domenica scorsa non si sono fatti vedere ai seggi? A qualcuno che vuole amministrare questa città interessa capire perché? Sembra di no, tutto va bene madama la marchesa.

                Secondo (sempre dalla tastiera di Ruggeri): “il candidato sindaco è stato deciso dai livornesi e non dopo accordi di palazzo”. Infatti, gli accordi di palazzo ci sono stati prima, per stabilire regolamenti, regole, regolette e percorsi per impedire la partecipazione di altri concorrenti alle primarie, per svuotarle e servire una sola minestra o saltare dalla finestra. Cosa c’è di più arrogante degli accordi di palazzo? Gli accordi di palazzo mascherati da democrazia, ovvero l’arroganza con l’inganno.

                Terzo principio ruggeriano: “i livornesi mi hanno dato un mandato pieno”. I livornesi? Meno del tre per cento degli elettori livornesi vuol dire “i livornesi”? Qui l’arroganza sfiora la pretesa di far credere che gli asini volano, non ci sono parole.

                Quarto: “Ora serve coraggio, entusiasmo e mettercela tutta.”. Siamo al “Credere, obbedire, combattere”.

 

 PS: rivelatore di una mentalità dilagante nel PD è l’inciso ruggeriano “…per certi aspetti poteva convenirmi avere un atteggiamento più prudente”. Molti dirigenti (anche nazionali), per avvalorare le proprie scelte (non importa quali), hanno preso il vezzo di usare lo schema: “poteva convenirmi fare diversamente e invece faccio così”, rivelando un modo di pensare, purtroppo assai contemporaneo, per cui il pensiero corre alla convenienza personale, come se fosse (e forse è diventato) un valore. Ma chi se ne importa di che cosa “poteva convenire di più” a Ruggeri?

Claudio Frontera 

SE LE PRIMARIE FANNO “FLOP”.

17.03.2014 20:28

Alle primarie per la scelta del candidato sindaco della coalizione di  centrosinistra svoltesi ieri, hanno partecipato, secondo i dati ufficiali forniti dagli organizzatori,  circa 4.300 livornesi.

La prima valutazione di questo risultato va fatta con riferimento all’elettorato potenziale: dato che le primarie erano aperte a tutti, l’elettorato potenziale era quello degli elettori livornesi, circa 120.000, ampliato dall’allargamento, voluto dagli organizzatori delle primarie, a sedicenni ed extracomunitari. Anche rapportandoci alla media degli elettori che partecipano effettivamente alle elezioni amministrative, esclusi gli astenuti, abbiamo una base di circa 90-100.000 elettori, di cui i partecipanti alle primarie del candidato dello schieramento, sulla carta favorito e, quindi, probabile futuro Sindaco di Livorno, sono circa il 4% dell’elettorato. Se ci riferiamo alle ultime amministrative, sempre al netto di sedicenni e extracomunitari, i partecipanti alle primarie di ieri sono circa il 5% del totale degli elettori livornesi.

Rapportiamo ora il dato della partecipazione alle primarie al peso elettorale del centrosinistra livornese, che, nel 2009, ottenne oltre 41.000 voti (raggiunse il 51% perché gli astenuti furono più numerosi che in precedenza). Il centrosinistra ha raggiunto il suo massimo nel 1999 con 61.000 voti, ma rimanendo al dato più recente, e sempre lasciando da parte sedicenni ed extracomunitari, possiamo dire che solo un elettore su dieci del bacino elettorale del centrosinistra ha mostrato interesse per le primarie. Nove su dieci elettori già di centrosinistra sono rimasti a casa. Solo quattro mesi fa, alle primarie per la scelta del segretario del PD (vinte anche  a Livorno da Matteo Renzi), votarono in 13.000, ovvero tre volte più di ieri, eppure la scelta del sindaco dovrebbe essere più importante: non ripete sempre la sinistra che il Comune è “l’istituzione più vicina ai cittadini”? Può darsi, ma i cittadini non hanno dato grande credito a queste primarie. Alle primarie del gennaio 2013 per la scelta dei candidati parlamentari, votarono più di tremila. Considerato che la “campagna elettorale” di quelle primarie fu brevissima, senza paginoni sul Tirreno, come successo invece per diversi giorni questa volta, e senza tavole rotonde di presentazione pubblica, e considerando, soprattutto, il fatto che quelle per il Parlamento non furono di coalizione, ma solo del PD, colpisce che il numero dei votanti sia stato quasi identico a quello dei voti raccolti questa volta da Ruggeri, 3.300-3.400.

Nel Pd si piange un giorno si e l’altro pure sul distacco dei cittadini dalla politica, sul rischio del populismo, sulla deriva dell’antipolitica, ma oggi si brinda e si festeggia perché “…ora non si può più dire che il candidato Sindaco è stato scelto dalla segreteria del partito”. No, è stato scelto da un elettore di centro sinistra su dieci, da cinque elettori livornesi su cento! Contenti così? Forse si, perché l’importante, al di là di tutto, sembra ormai solo vincere e se a maggio andassero a votare i soliti tre-quattromila fedelissimi sempre e comunque delle direttive del Partito, e tutti gli altri livornesi se ne stessero a casa, stanchi di riti inutili, sai che feste e fuochi d’artificio: il candidato del PD infatti risulterebbe eletto col 100% ! lo definirebbero un risultato storico. E del resto non avrebbero torto, sono già riusciti a portare la partecipazione politica a Livorno, una delle città più democratiche d’Italia già dal Risorgimento, al suo minimo storico e non hanno ancora finito il lavoro!

1° PS: Da non dimenticare che in nessuna altra città, grande o piccola, il dato di partecipazione alle primarie per le amministrative ha registrato dati così sconfortanti: senza andare lontano, alle primarie a Castagneto hanno votato tremila elettori su seimila e a Piombino oltre tremila rispetto ai poco più di quattromila di Livorno (ma la popolazione residente a Piombino è circa un quarto di quella di Livorno). Nella sfiducia diffusa verso la politica, Livorno è indubbiamente in pole position.

2° PS: Qualcuno, soprattutto in SEL, si chiede il perché di questo risultato. Se interessa, si suggerisce di rileggere quanto già scritto a proposito della inutilità delle “false primarie” di coalizione sul blog “Dettagli” del Tirreno e sul blog  “La traversata-Amici livornesi di Fabrizio Barca”.  Riflessioni molto semplici e neanche troppo originali, ma ostinatamente ignorate.

3°PS: L’epicentro del cedimento di partecipazione sta, con tutta evidenza, nell’elettorato del PD: in base ai risultati delle ultime elezioni amministrative, il PD poteva contare su un 90% dell’elettorato di centro-sinistra, mentre la somma SEL+IDV+PSI raccoglieva circa il 10%. Ieri Ruggeri (unico candidato PD) ha ottenuto il 76%, mentre la somma degli altri tre candidati (Idà, Morelli, Romano), ha totalizzato il 24%. Non sono i candidati degli alleati del PD ad avere tenuto basso il dato della partecipazione, quindi. 

Claudio Frontera

Programmi e non chiacchiere

21.02.2014 17:12

“Programmi e non chiacchiere”

Le “primarie delle idee” intendono fornire contributi per il programma del centrosinistra alle prossime elezioni amministrative. Nel dibattito del gruppo di lavoro creato a tal fine dagli “amici livornesi di Fabrizio Barca”, è emerso che il primo di tali contributi riguarda proprio il modo in cui si fa un programma. La vecchia maniera è quella di una sommatoria di tutto e di più, di buoni propositi vaghi e generici, condita di proclami di principi e valori generali, altisonanti, ma irrilevanti dal punto di vista dei contenuti concreti, che invece dovrebbero essere l’unico argomento di un programma amministrativo. Quanti programmi, anche in passato, sono stati fatti così e sono rimasti, inevitabilmente, inattuati, nei cassetti ! Inoltre, ad appesantire il carico negativo dei programmi elettorali gonfi di promesse, c’è il dato di fatto che le variabili economiche e finanziarie, quelle normative e istituzionali e quelle politiche subiscono sempre più, ed in particolare nella presente fase storica ed economica del nostro paese, l’effetto dell’imprevedibilità e del veloce cambiamento. Un programma dovrebbe valere per cinque anni, ma chi sa dire che cosa sarà la finanza pubblica tra cinque mesi? Dunque, si rischia, per fare un esempio, di celebrare un interminabile referendum sulla localizzazione del nuovo Ospedale, ma mentre la discussione va avanti, tra sordi, da alcuni anni, sono, nel frattempo, cambiate le macro coordinate: oggi l’intera sanità pubblica e a rischio di un lento, ma progressivo smantellamento, altro che nuovo Ospedale! Allora che si dovrebbe fare? Eliminare i programmi? Meglio nessun programma di un programma per finta, se è per quello, ci libererebbe almeno dal tormentone infantile e controproducente della “Livorno che vorrei”,  e tutti la vorrebbero bella, pulita, con tutti che lavorano, vanno a scuola in begli edifici e con moderni laboratori, con molti parchi verdi, servizi pubblici efficienti e moderni, liberata dal degrado di aree urbane abbandonate, senza traffico, con molti parcheggi, teatri, cinema, mare pulito e il sole tutti i giorni, grazie, ma nessuno sa come ottenere questa bella Livorno dei nostri sogni Però un’alternativa tra programmi come inutili sogni e nessun programma c’è. E’ quella di impegnarsi in un metodo, fatto di proposte e partecipazione. Chi si candida dovrebbe elaborare solo pochi progetti concreti, lasciando perdere i proclami. Progetti utili all’occupazione, al rilancio e alla rinascita della città, sotto il profilo   economico, sociale, civile e culturale, che definiscano il “come” raggiungere un traguardo. Dovrebbero essere progetti di cui sono verificabili (e modificabili in corsa) i percorsi e le tappe. La verificabilità è la condizione della vera partecipazione dei cittadini. Spesso si intende la partecipazione come generico ascolto (cosa utile). Non sono la stessa cosa, la moderna partecipazione vuol dire concorrere, con idee, aggiornamenti, suggerimenti, contributi, volontariato, impegno, a raggiungere obiettivi utili al bene comune. Quindi, per concludere, un programma moderno è fatto di cultura del “bene comune”, di metodo pragmatico, di progetti verificabili, di partecipazione. A questo punto, per rendere più chiaro il concetto, può servire un esempio. Ho scelto, a questo scopo, un tema che reputo importante per le grandi potenzialità inesplorate che possiede, ma che è considerato marginale dal corrente dibattito politico: quello dello sport. Nella proposta che segue, redatta sommariamente proprio in forma di “progetto”, sta una, tra le altre, delle possibili chiavi di rilancio della città. Un progetto da costruire e soprattutto da realizzare insieme alla città, alle associazioni sportive, ai giovani. E’ solo un esempio. A voi il giudizio.  

Claudio Frontera   21/02/2014

PROGETTO “LIVORNO CITTA’ DELLO SPORT E “ACCADEMIA DELLO SPORT”

 Le Premesse:

  • Livorno ha importanti e radicate tradizioni sportive in quasi tutte le discipline, nello sport professionistico, dilettantistico e popolare. Vanta un primato di grande rilievo: è la città italiana con il  maggior numero di medaglie sportive, conquistate nelle gare olimpiche, nei campionati mondiali, internazionali e nazionali.
  • Le potenzialità sociali, culturali, ma anche economiche, derivanti da tali dati di fatto e da tale vocazione, vengono del tutto sottovalutate dalla classe dirigente livornese (politica, amministrativa, imprenditoriale), benché il mondo sportivo, con generosità, ma anche con umiltà, le abbia sovente evidenziate.

Il Progetto:

  • Livorno avrebbe i titoli per ambire al ruolo di “Città dello Sport”. Concretamente ciò vuol dire elaborare dettagliatamente, con il concorso del Coni livornese e toscano e delle Federazioni e Associazioni Sportive Livornesi, un progetto i cui assi portanti sono:
  • La creazione di un’Accademia dello Sport, dove concentrare attività di Alta Formazione dello Sport: tecnica, management, medicina sportiva, giornalismo, assistenza tecnico-sanitaria. Livorno avrebbe le strutture e gli impianti idonei (basta riprendere il vecchio progetto comunale, abbandonato, della Cittadella dello sport, peraltro privo di connotati innovativi e di proiezione nazionale, modificandolo e adeguandolo alle caratteristiche del presente progetto). Le convenienze ambientali, geografiche, logistiche sono le stesse che hanno portato, oltre un secolo fa, alla localizzazione, in città, della prestigiosa Accademia Navale, vanto e bandiera di Livorno nel mondo. Il Progetto, da costruire per fasi, nel tempo, richiede la collaborazione della Regione Toscana e degli Enti Nazionali (Coni).
  • A Livorno si potrebbe localizzare un Grande Evento Sportivo ogni anno: campionati, meetings.

Risorse: Comunitarie, statali, regionali, comunali.

Soggetti Interessati: Società e Associazioni Sportive, famiglie, Scuole

Benefici:

  • Occupazione qualificata
  • Sviluppo Turistico
  • Sviluppo di un indotto specializzato (artigianale, informativo, industriale).
  • Miglioramento della coesione sociale (dato il contenuto educativo e culturale proprio di ogni attività sportiva).

Timing: Fase I: elaborare il progetto e associarlo a possibili fonti di finanziamento.

                Fase II: individuare le strutture fisiche nelle quali insediare le attività;

                Fase III: coinvolgere Associazioni e soggetti del settore per individuare eventi e iniziative che possano agire da traino e da impulso per la realizzazione del progetto;

                Fase IV: costruire, in un percorso partecipativo, i modelli gestionali e sviluppare, con i soggetti interessati, progetti collaterali di carattere turistico, formativo,  economico

IDEE VECCHIE DA ROTTAMARE: BASTA CON l'AREA VASTA

21.02.2014 17:09

Si nutrono di nobili principi i propositi programmatici di una collaborazione nella gestione del territorio tara Livorno e Pisa. La razionalità della pianificazione (della corretta gestione delle risorse del territorio, dei servizi, delle opportunità, delle strategie di sviluppo economico e territoriale) va in questa direzione, infatti.

Chi scrive ne è stato convinto assertore già in tempi lontani. E non solo nei Convegni, ma negli Atti: Il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Livorno, nel decennio 1994-2004 fu approvato e modificato sempre in parallelo coordinamento con la Provincia di Pisa (e viceversa). Fu una scelta originale e innovativa. E non solo con gli atti, ma anche con i fatti: la collaborazione tra le due Province portò all’ingresso degli enti locali livornesi nella SPA Aeroporto di Pisa “Galilei”, ai primi contatti per il decentramento universitario, a protocolli ed intese con  Lucca, Pontedera e Massa. Nel 1999 fu varato, con la Regione e l’Ice, un piano di promozione economica e di attrazione di investimenti coordinato, che presentava all’estero (Usa, Germania), congiuntamente le potenzialità dell’area Livorno-Pisa (dotazioni infrastrutturali, Università, porto). Un progetto che, senza determinarli direttamente, favorì investimenti esteri (nordamericani e tedeschi) a Pisa, Guasticce e Livorno nei settori dell’Automotive.

Da quella stagione lungimirante uscì certamente rafforzato il peso della Toscana costiera rispetto a quella centrale: un rafforzamento di cui hanno poi beneficiato, anche sotto il profilo della rappresentanza politica in Regione e a Roma, Pisa e Piombino, ma non Livorno.

Detto questo, devo dire che la mia posizione oggi è cambiata alla luce di alcuni fatti inoppugnabili, tali da rendere non solo utopistica, ma autolesionistica la ostinazione di Livorno a proseguire in questa visione idilliaca di un’Area Vasta che, quando si materializza, in singoli aspetti parziali, regolarmente danneggia Livorno, come città e come comunità.

Innanzitutto una politica di Area Vasta (coordinamento, o come dicono alcuni, fusione di Enti), marcia se c’è condivisione. Sarà per chiusura culturale, per retaggio storico, per calcolo e convenienza, fatto sta che a Pisa, negli ultimi dieci anni nessuna forza politica di destra, centro o sinistra, nessuna associazione socio culturale, nessuna istituzione, ha mai posto, in nessuna sede, in nessuna campagna elettorale, in nessun convegno, il tema di tale collaborazione istituzionale con Livorno. Troppo tempo è passato senza che nei mondi politico, imprenditoriale, culturale e sociale pisani si manifestassero segnali in tal senso.

In secondo luogo, c’è, obiettivamente, da rilevare che Pisa, in questi stessi anni in cui ha imposto il silenzio sull’Area Vasta, ha costruito una politica che si potrebbe definire “centralistica” nell’ambito della Toscana Costiera. Pisa è divenuta destinataria di finanziamenti rilevanti regionali o statali nella Sanità, nella Formazione, nei servizi. Il bacino di utenza delle sue strutture formative e sanitarie si è allargato e consolidato, ma il controllo su di essi è rimasto stretto in ambito pisano. Certo la razionalità organizzativa e gestionale spinge verso la concentrazione delle risorse e l’economia di scala, nonché verso la dimensione ottimale (non solo nella sanità e nell’alta formazione, ma nella gestione delle risorse idriche, nei servizi, da quelli postali a quelli ferroviari, ecc). Anche nella cultura e nello spettacolo la dimensione localistica  non paga e la ricerca di dimensioni più vaste migliora le opportunità.

Ma è possibile che in nessuno di questi processi di riorganizzazione territoriale su scala di area vasta costiera, il centro direzionale sia situato in un luogo diverso da Pisa ? e che Pisa amplii il suo orizzonte in ogni direzione, dalla portualità diportistica alla cantieristica, dalla enogastronomia alla gestione centralizzata di ippodromi  e parcheggi, all’insediamento dell’Ikea, senza avvertire l’esigenza di una distribuzione adeguata di iniziative e funzioni su un territorio più vasto?

Invano ho cercato di ribadire, ultimamente anche con un articolo uscito sul Tirreno, che l’Area Vasta deve essere “policentrica” oppure non sarà nulla. Infatti solo se ciascuno dei centri urbani, maggiori, ma anche minori, sarà centro di qualcosa, di qualcuna delle funzioni di Area Vasta, il territorio conoscerà uno sviluppo. Altrimenti assisteremo all’orrendo spettacolo di un “centralismo di Area Vasta”, che sommandosi al centralismo regionale e statale, ridurrà le aree urbane della Toscana Costiera, ad una vasta periferia di Pisa. Una periferia che per ogni funzione rilevante, sanitaria, formativa, produttiva, culturale, per il lavoro e per il tempo libero, per una consulenza professionale o specialistica o per altro, dovrà rivolgersi  alla “capitale” Pisa.

Fin qui ho descritto fatti concreti e non opinioni. Non c’entra nulla il campanilismo o il localismo e qualsivoglia altro –ismo. Solo fatti.

Dunque, fermiamo la macchina e ridiscutiamo tutto. Basta con le utopie razionaliste. Piedi per terra e difesa dei diritti e dei valori di una città e di una comunità che non meritano il destino di moderna periferia.

 

CLAUDIO FRONTERA

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo interessante contributo

09.02.2014 21:33

Cari “Compagni”  (se si può utilizzare ancora questo termine)

Ho letto le ultime email concernenti la partecipazione alla definizione di un programma per questa città.Mi sembra di capire che non sia compresa a pieno la situazione complessiva di questa di città.  La discussione che avviene è tipica delle altre elezioni precedenti al 2009 in cui si discuteva un ponte in più un ponte in meno, lo sviluppo del turismo e della cultura ecc. Ecc. Mi dispiace costatare che la situazione, per chi vive di lavoro non protetto, è completamente diversa. E’ necessaria una grossa rivoluzione culturale nel concepire l’avvenire di questa città. Intanto la verifica del fallimento avuto nella gestione della città in questi ultimo quindici anni decretandone il decadimento verticale in tutti i settori da quello economico, culturale, morale, partecipativo, democratico e chi più né più metta.

Segnale evidente di questa crisi si ritrova nella difficoltà nella ricerca di un candidato Sindaco. I rifiuti mi hanno segnato molto. Ritengo che fare il Sindaco di questa città sia un onore, e se nessuno, di quelli indicati, ha accettato, ritengo che abbiamo costatato che non era possibile svolgere le mansioni di Sindaco in questo quadro politico-economico.

Il candidato unico !!!!!!, per mancanza di contendenti, dichiariamo la verità , è la candidatura di necessità, e non è certamente quello che serve in questo momento.  La città ha bisogno di una persona che non provenga dal vecchio establishment. Vincolato alla vecchia cultura e alle vecchie lobby politico- economiche che hanno fatto il bello ed il brutto in questi anni.

Il partito faccia un passo indietro e liberi le energie presenti in questa città, sopporti alternative valide anche se non provenienti dal proprio interno, verifichi programmi alternativi.

Oggi questa città ha bisogno di cambiare pagina ,il rischio è di non comprendere questa voglia di cambiamento e di essere travolti e gettati insieme all’acqua sporca.

A questo scopo, butto lì alcuni argomenti di discussione:

Prima di tutto modificare la cultura di rapporto con il cittadino, ad oggi siamo nella logica del “nono si può” per principio e poi dimostrami che si può. Viceversa bisogna rapportarsi nella logica del “verifichiamo come sia possibile”, poi vediamo. Tale posizione ha impedito investimenti sul territorio spostandoli altrove. Poi ci guardiamo intorno e per qualcuno tutto è possibile per altri no.

Nelle partecipate e nelle Aziende di Servizio affidare  Incarichi verificando le capacità professionali e meritorie facendo bandi a scelta su curricula ed esperienze lavorative e non per l’appartenenza al quel gruppo o l’altro nella logica dei favori tra maggioranza e  opposizione. Ho peggio ancora figure riciclate a destra o sinistra, Comune poi ASA poi CCT ecc., ai tempi della D.C. si chiamavano “boiardi di potere”.

Scelta degli assessori tra persone di provata esperienza  negli incarichi che devono ricoprire. Non è più possibile nominare assessori per la sola fedeltà al capo o per il contributo data all’elezione. Il risultato è stato che questa città è stata realmente Amministrata dai funzionari che hanno fatto il bello e cattivo tempo, utilizzando l’ignoranza degli assessori sulle loro materie responsabilità.

Apertura a 360° gradi a tutte le realtà imprenditoriali presenti nel territorio. L’Amministrazione dovrà la malta che legga tutti soggetti economici di questa città cercando di trovare soggetti che vogliano fare squadra, (committenza ed imprenditoria).

Analisi complessiva dei ruoli e finzioni degli impiegati accorpando funzioni in un'unica struttura, ad oggi frantumata in una miriade di uffici moltiplicando una  burocrazia solo cartacea e non di sostanza.

Modifica complessiva dell’organizzazione delle Aziende di servizio (ASA, AAMPS, ecc.) il cittadino deve avere un unico soggetto cui rivolgersi per le proprie necessità. Non è possibile che un imprenditore che  ha la richiede  fornire dei servizi comunali la propria azienda, debba rapportarsi come media a 5-6 personaggi della stessa azienda.

Verifica dell’intero patrimonio Comunale non utilizzato, e verificare la possibilità di cedere, in concessione onerosa,  volumi a servizio di attività economica da parte di privati.

Modificare le funzioni della Polizia Municipale ormai in aperto scontro con la cittadinanza. Modificando il mandato repressivo  ad un mandato con funzioni preventive. Con un rapporto di massima collaborazione tra l’agente ed il cittadino. Purtroppo ad oggi non esiste nessun dialogo. L’ultimi fatti dimostrano quanto sia teso il rapporto.

Riqualificazione urbanistica e sociale del centro città.

Umberto

 

 

 

proposte presentate all'incontro promosso da SEL il 4/02/14

05.02.2014 18:07

Proposte per il BUON GOVERNO

non un elenco esaustivo, ma alcune priorità che diano il senso della discontinuità con il passato recente indicando proposte realizzabili e verificabili (Partecipazione cognitiva)

 

  1. IDENTITA' DELLA CITTA'

A) Livorno città del Mediterraneo/rottamazione di “Livorno porta della Toscana”: gestione  unitaria delle infrastrutture presenti nel territorio comunale e oltre (Collesalvetti, Pisa, Cecina....); Comune soggetto attivo per favorire rapporti commerciali, e non solo, con le altre città portuali del Mediterraneo (Nord Africa, Medio Oriente, Francia, Spagna) – Sollecitazione verso gestori (Autorità Portuale, Interporto Guasticce, Aeroporto Galilei, Porto 2000) per attività di “vendita” sistema logistico del territorio. OUT PUT è area vasta nei fatti e opportunità di lavoro

B) Livorno polo della ricerca: attivazione di coordinamento e accesso a finanziamenti di eccellenze già presenti sul territorio (centro ricerca S. Anna di Scoglio della Regina, corso universitario di Logistica, azienda aerospaziale nella ex Barcas); VERIFICA DI FATTIBILITA' DI UN PROGETTO  SPERIMENTALE CHE COINVOLGA QUESTI SOGGETTI

C) Livorno “città ideale” del Rinascimento: valorizzazione dei “tesori” livornesi; il Pentagono del Buontalenti, le fortezze, ma anche Modigliani, Fattori, Mascagni......

 

  1. BILANCIO COMUNALE

2a) Rigettare tendenza a Comune ESATTORE PER CONTO TERZI

2b) Gestione politica del bilancio: scelta priorità con progetti discussi, partecipati e verificabili; 2C)Previsione di strumenti formalizzati, volontari e gratuiti, che favoriscano la partecipazione   ai   progetti e alla verifica nell'attuazione degli stessi

2d) Iniziative al fianco dei cittadini per la tutela di servizi essenziali

2e) Intervento di rivisitazione della macchina amministrativa, oggi inadeguata, introducendo a tutti i livelli RESPONSABILITA' e DEBUROCRATIZZAZIONE

2f) Verifica evasione canoni, tributi...

 

  1. SCELTE URBANISTICHE

NO a ulteriore consumo di territorio per nuove edificazioni

SI a promozione di ristrutturazione – riqualificazione energetica ed ecologica della città costruita

SOSTEGNO all'impianto diffuso di energie rinnovabili utilizzando strumenti quali:

  • regolamento edilizio
  • sostegno al credito
  • intervento sugli edifici pubblici

OUT PUT è: posti di lavoro anche in risposta a crisi settore edile; ricerca innovativa nel settore; minor inquinamento aria

 

  1. POLITICA ATTIVA DELL'ABITARE

Monitoraggio del fabbisogno di abitazioni

Monitoraggio degli edifici pubblici da RIUSARE

Monitoraggio delle risorse impiegate nel settore da Amministrazione comunale e CASALP

Coordinamento e attivazione degli interventi conseguenti al monitoraggio

 

  1. CITTA' INCLUSIVA

Assicurare a tutti i cittadini una qualità della vita dignitosa (LA CITTA' DELLA PERSONA)

Valorizzazione (visibilità, sostegno anche economico) delle Associazioni del volontariato che operano nel territorio

Monitoraggio risorse complessive disponibili e coordinamento degli interventi (evitare concorrenza)

 

  1. SALUTE PUBBLICA

Potenziamento dell'attività di prevenzione (inquinamento dell'aria, infortuni sul lavoro....)

Aggiornamento della mappa dei bisogni (aumento della popolazione anziana, diffusione di alcune patologie)

SI nuovo ospedale aderente a nuovi concetti elaborati dalla medicina (ospedale verticale), ma inserito in piano regionale della salute e mantenuto nella attuale localizzazione, proseguendo nella trasformazione e ristrutturazione dell'esistente

 

  1. GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI  

Comparazione tariffe realtà simili in Toscana e in altre regioni

Comparazione costi realtà simili in Toscana e in altre regioni

Contratto di servizio come strumento generalizzato per l'affidamento dei servizi e istituzione di strumenti di controllo da parte dell'Amministrazione Comunale nella gestione dello stesso

Definizione di costi standard reali per ciascun tipo di servizio

Obbligo di bilanci certificati e tempestivi

Applicazione della legislazione vigente in caso di deficit ripetuti

 

  1. PRIMI 100 GIORNI

A) Intervento straordinario per superare il degrado presente in tante parti del territorio comunale

B) Adozione di un piano di intervento ordinario per mantenere un elevato livello di decoro in tutto il territorio urbano; previsione nello stesso di strumenti di partecipazione alle scelte e di verifica delle realizzazioni da parte dei cittadini

 

 

Alberto Viti

coordinatore del gruppo di lavoro "Nuove proposte programmatiche per Livorno"

Letture: Il triangolo rotto--- Partiti Società e Stato di Fabrizio Barca e Piero Ignazi ----Feltrinelli

30.01.2014 20:48

Se “La traversata” è il libro dove Barca raccoglie il suo documento reso pubblico nell’aprile del 2013, le testimonianze del suo viaggio per l’Italia e i contributi di personalità che guardano con attenzione al suo progetto politico, con il successivo “Il triangolo rotto” ci addentriamo alla radice della questione. Provocatoriamente ritengo più utile questo secondo libro. Partiamo dal contributo di Piero Ignazi che riprende, ampliandolo, il suo scritto apparso nella “Traversata”. Nel catastrofico livello di fiducia che i cittadini hanno dei partiti, Ignazi ne prende le difese. Ma a precise condizioni.

Quello che mi ha colpito è la valorizzazione della carriera come incentivo individuale nel far politica. Niente di più impopolare. Ma una carriera, la selezione della classe dirigente, che matura rispettando quattro condizioni di cui si devono decidere misure quantitative e criteri: inclusività; rappresentanza dei valori e/o della base sociale di riferimento; competitività; lealtà.

Facciamo un passo indietro e torniamo al titolo “Il triangolo rotto” e il suo sottotitolo: “Partiti, Società e Stato”. Il rapporto tra Partiti, Società e Stato si è incrinato forse rotto. Il triangolo, per Ignazi, si è rotto. E non c’è dubbio che il Partito è l’anello più debole, più indifendibile perché diventato autoreferenziale, disconnesso dalla società e incapace di interpretare i reali bisogni dei cittadini. Partiti Statocentrici, appellativo ricorrente nelle analisi di Ignazi e Barca. Ed è per questo che ritengo quell’aspetto legato alla carriera più vitale, ad esempio, del pur importantissimo tema del finanziamento.

E’ nel sistema proposto da Ignazi e Barca di selezione del politico che si ricolloca al centro la partecipazione nella loro scelta, i valori di riferimento condivisi, una competizione seria con pari opportunità tra più persone, una lealtà al mandato ricevuto. E’ in queste idee, e non solo, che Barca vuol far crescere un forte progetto di ricostruzione del partito. Oggi sono le uniche proposte. 

Da Ignazi a Barca; l’aspetto che voglio far risaltare dell’analisi di Barca è il ripensamento aperto dell’identità. Scrive: ”Nel mio documento li chiamo convincimenti, le cose in cui crediamo. Se non ci sono, non c’è un linguaggio comune.

Servono convincimenti robusti, perché quei convincimenti sono necessari a muovere sentimenti.

Sono importanti anche  per costruire una visione condivisa dell’Italia che vogliamo.

Questa visione non c’è, nel documento. Perché può uscire fuori solo dal confronto di un partito che abbia ritrovato forti convincimenti condivisi e un accordo sul metodo per governare.

Il fuoco principale del mio tentativo.

Pensiamo adesso ad un fare politica attraverso una carriera maturata con i criteri sopracitati e  sorretta da “convincimenti” comuni necessari per costruire una  visione condivisa dell’Italia che vogliamo.

E’ il Partito che ha in mente Barca e su cui solo un lavoro di lunga  lena può sperare di realizzare.

Il libro si conclude con una lunga serie di autorevoli  interventi  che aiutano a  leggere con ulteriore spirito critico le idee e il progetto di Fabrizio Barca.

Paolo Natale

 

 

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